A due anni dalle elezioni regionali del 2010 e della composizione della Giunta della Regione Lombardia, il Consiglio di Stato (con sentenza n. 3670) ha annullato la precedente sentenza del TAR Lombardia che aveva salvato la Giunta Formigoni, allora composta da 15 Assessori uomini e da una sola donna. In questo caso hanno prevalso le dinamiche politiche a scapito di quelle di diritto con la negazione del principio di equilibrio di genere nella composizione degli organi politici nel raggiungimento di una democrazia paritaria, pressoché inesistente nel paese Italia.
Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso proposto da alcune Associazioni (le Associazioni “Art. 51”, “Usciamo dal silenzio” e” DonneInQuota”), da un gruppo di avvocate e da alcune cittadine, affermando quanto già chiarito di recente dalla Corte costituzionale (sent. n. 81 del 2012), ovvero che il riequilibrio di genere, solennemente affermato in Costituzione (artt. 51 e 117) e nello Statuto lombardo (art.11), è principio cogente e non derogabile nemmeno per ragioni politiche. Per riequilibrio di genere si deve intendere la sostanziale approssimazione alla metà numerica tra donne e uomini, giungendo così alla pressoché totale equiparazione del concetto di equilibrio di genere.
Il giudice amministrativo ha riconosciuto l’evidente violazione di legge poiché la nomina di un solo assessore di genere femminile contrasta con una equilibrata presenza di uomini e di donne nella Giunta. Ma questa decisione va ben oltre: il Presidente Formigoni, temendo questo esito della sentenza, di recente aveva modificato la Giunta, incrementando il numero di donne-assessore da 1 a 2, (su un totale di 16). La Corte ha ribadito che deve esserci “uguaglianza, o sostanziale approssimazione ad essa, di uomini e donne nelle posizioni di governo regionale”, considerando che anche questo minimo cambiamento, siamo ben lontani da una democrazia paritaria, e la composizione della Giunta è rimasta illegale.
La menzionata sentenza rappresenta un punto di svolta ed è destinata a rimanere negli annali del diritto delle pubbliche amministrazioni, a ricordare alla politica i suoi confini e ad evidenziare che la discrezionalità degli amministratori va esercitata entro i confini delle leggi. Si aprono così nuovi orizzonti, che rafforzano i ricorsi in tutto il Paese.
Purtroppo, però, il caso della Giunta Lombarda non è l’unico: si possono fare molti esempi, come quello della Giunta del Comune di Roma, in cui la componente femminile, ad oggi, è poco rappresentata, nonostante una sentenza del Tar Lazio del 15 luglio 2011 abbia annullato la Giunta capitolina ed il Sindaco Alemanno abbia portato a 3 gli assessori donna (partendo da 1 sola presenza femminile in Giunta) contro i 9 assessori uomini.
Il cammino verso una democrazia paritaria è lungo, ma non improbabile e, soprattutto alla luce di questa nuova sentenza, l’importante sarà non arrendersi e monitorare le singole realtà politiche.
Marilena Fontana, 10 luglio 2012
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