Regolamentare gli obiettori di coscienza per garantire la 194

    La legge n. 194 del 22 maggio 1978 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza), che è stata approvata in Italia dopo una lunga battaglia condotta dal movimento femminista e appoggiata da una grossa parte della società civile, rischia di essere disapplicata.

    Il motivo principale è il numero crescente dei medici obiettori di coscienza previsti dalla legge 194 all’ art. 9 che, di fatto, limitano il diritto inviolabile di una donna di scegliere entro 90 giorni se portare avanti o no una gravidanza.

    In Italia stiamo assistendo ad una involuzione: in alcune regioni, infatti, è praticamente proibito abortire (ad esempio, nella regione Lazio, oltre il 90% dei medici è obiettore ed una struttura pubblica su tre non esegue l’intervento di interruzione della gravidanza e quasi il 70% dei ginecologi si rifiuta di praticare l’aborto per una questione etica).

    La questione principale è che, a più di 30 anni dall’approvazione della legge, bisognerebbe regolamentare l’obiezione di coscienza con strumenti specifici che non ledano altri principi costituzionalmente garantiti (come l’art. 2 della Cost. dove si declama il principio dell’inviolabilità della persona e l’art. 32 della Cost. che prevede  il diritto alla salute), che verrebbero meno nei confronti di una donna che decide di interrompere volontariamente la gravidanza.

    L’obiezione è una “disubbidienza” a un dovere giuridico, che viene tollerata dall’ordinamento poiché tutela alcuni diritti costituzionali quali  la libertà religiosa. In tal senso, un soggetto si può rifiutare ad adempiere ad un certo dovere se ritiene che gli effetti siano in contrasto con il proprio credo. Tuttavia è previsto che l’obiettore si assuma la responsabilità delle conseguenze civili e penali della propria disubbidienza o, quanto meno, dell’imposizione di un obbligo “sostitutivo”.

    Nel caso dei medici ciò non avviene perché, a fronte della non ottemperanza ad alcuni doveri, non devono svolgere altri compiti e non subiscono alcun genere di “sanzione” (civile, penale o disciplinare che sia).

    Un segnale forte, ad esempio, potrebbe essere una sanzione legata all’attività che non svolgono o consentire un minimo di penalizzazione a livello di carriera o di stipendio nonché prevedere quote (minimo del 50%) di medici non obiettori in ogni concorso per ginecologia – ostetricia. Questo potrebbe essere un primo passo.

    Comunque le proposte dagli addetti ai lavori non mancano, e tra queste:

     

    • la creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza;
    • l’elaborazione di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione di coscienza;
    • concorsi pubblici riservati a medici non obiettori;
    • la deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di interruzione volontaria di gravidanza sono scoperti.

     

    Se tutto ciò non venisse attuato, il rischio di rientrare nella clandestinità e nell’illegalità sarebbe molto forte, nonostante l’esistenza una legge valida come quella sull’aborto; si potrebbe tornare a pratiche abortive illegali che mettono in pericolo la vita della donna.

    Corrente Rosa auspica che sia emanata una regolamentazione degli obiettori di coscienza, per garantire il diritto delle donne alla libera di scelta se avere un figlio o no.

    Leggi anche: La sentenza della corte costituzionale sulla legge n.194/1978

    Marilena Fontana, 4 luglio 2012

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