La “quota femminile” che favorisce anche l’uomo.

    I tempi sono maturi, se non in Italia e in Europa, certo in Norvegia. Chiara Saraceno, illustre studiosa italiana, interviene oggi dalle pagine del quotidiano “Repubblica” per rilanciare proprio quella riflessione per cui “è importante pensare alle quote innanzitutto in termini di rottura di un monopolio che di fatto, attraverso i meccanismi di cooptazione, ha ristretto ai soli uomini l’accesso alle posizioni più alte ..una constatazione che ha mosso il legislatore norvegese: nonostante la retorica della parità, nonostante una uguaglianza sostanziale nei percorsi formativi..Vi è certo il timore che donne poco competenti vengano assunte al posto di uomini competenti solo per riempire la quota. Ma questo avviene più facilmente quando si pensa, appunto, in termini di quota femminile e non invece di rottura di un monopolio che vincola le possibilità e gli stessi criteri di scelta ecc.”.

    La Saraceno poi continua snocciolando le cifre sull’assenza delle donne in quasi tutte le posizioni di vertice in Italia. Cifre e percentuali da noi già in parte pubblicate. Oggi in Norvegia il 44% dei manager è donna. La legge è entrata in vigore nel 2005, nel 2002 le donne nel settore privato erano solo il 6%. In Italia oggi sono il 10% (la media europea comunque è al 6%) e percepiscono il 26% in meno rispetto agli uomini a pari grado.Vogliamo spingere “il legislatore italiano”, e perché no, quello europeo, a rispondere una volta per tutte a questa necessità improrogabile?

     

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