Tutte le discriminazioni penalizzano le compagnie

    Il Religious Freedom Restoration Act, in vigore in molti stati conservatori degli Stati Uniti, che tutela la libertà di religione, concede ai datori di lavoro di non assumere impiegati gay o di non commissionare lavori a persone omosessuali.

    L’Indiana ha spinto questo principio ancora più avanti consentendo con una legge molto criticata di autorizzare qualsiasi fornitore di beni o servizi al pubblico di rifiutare servizi alla clientela gay per motivi religiosi.

    L’alzata di scudi della comunità LGBT è stata tale che il governatore dell’Indiana è stato costretto a firmare il 2 aprile 2015 un emendamento chiarendo che la legge dell’Indiana non consente la discriminazione contro i gay.

    Le grandi compagnie Apple, Sony, Amazon, Starbucks e PepsiCo ritengono sia più vantaggioso rivolgere la vendita dei propri prodotti ad acquirenti con orientamenti politici più liberali rispetto ai consumatori più conservatori. Front man di questa nuova scuola di pensiero è Tim Cook, dichiaratamente omosessuale e CEO di Apple, il quale denuncia pubblicamente le discriminazioni in ogni loro forma sostenendo a spada tratta la tesi secondo cui il business debba essere aperto a tutti a prescindere dall’orientamento sessuale, dalla religione e dall’etnia dei propri clienti.

    Come risposta ai più conservatori Cook afferma che “non è una questione religiosa, ma si tratta di come ci comportiamo nei confronti dell’altro in quanto esseri umani”. Cook invita dunque i CEO ad essere più tolleranti ma più anche ragionevoli perché non solo non sarebbe “umano” precludere a una coppia gay di comprare un prodotto per difendere la propria libertà religiosa, ma anche irragionevole perché contro gli interessi della compagnia stessa.

    Se si decide di creare delle categorie da escludere dal proprio mercato per motivi religiosi (e non perché non rientrino del target di mercato della compagnia) si riduce in modo sostanziale – e irrazionale- il proprio numero di possibili acquirenti e, ancora peggio, dei propri azionisti.
    Cook, insieme a Howard Shultz di Starbucks e Mark Benioff di Salesforce.com si sono opposti rigidamente alle leggi a tutela della libertà religiosa dell’Indiana, esprimendo la propria solidarietà a favore dei diritti delle coppie omosessuali e per tutte quelle categorie di persone che vengono discriminate da chi si giustifica dietro al proprio diritto di praticare liberamente la propria religione.

    Se dal punto di vista delle grandi compagnie la discriminazione rappresenta un grave danno economico causando perdite sui profitti, da quello dei consumatori rappresenta un danno morale che non si può trascurare.
    Difficilmente Cook potrà cambiare lo stampo conservatore di molti stati Americani ma la sua sollecitazione ad avere un armonizzazione delle leggi in modo da favorire il commercio in maniera più libera ed indifferenziata potrà forse portare a un atteggiamento più ragionevole da parte dei più tradizionalisti. “Apple è aperta a prescindere dalla nazionalità dei clienti, l’aspetto che hanno, la religione che predicano o chi amano” afferma Cook.

    Corrente Rosa pur condividendo la logica che porta il CEO di un’azienda a non volere discriminare, si preoccupa che in prima linea ci siano le aziende e non i politici e la società civile a difendere un diritto umano dalla volontà di politici locali di autorizzare una discriminazione su base religiosa.


    FONTI

    Financial Times
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