Giunte pari ricorsi dispari

    Che in Italia la presenza delle donne in politica sia un punto dolente è ormai un (triste) ritornello, ma che ora ci si metta anche il TAR a fare la sua parte ci lascia proprio stupite.

    Il quotidiano La Repubblica del 9 novembre riporta il caso della giunta provinciale di Isernia che, nonostante la previsione statutaria, è formata invece “tutta al maschile”.

    Un caso non unico in Italia, che ricorda quello del tutto analogo della giunta di Taranto, per la quale il TAR di Lecce, su ricorso di un avvocato (maschio), si era pronunciato nel senso di ordinarne l’integrazione al femminile entro 30 giorni.

    “La legge è uguale per tutti”, si sono detti ad Isernia, così due (ancora una volta!) uomini hanno ricorso anche lì al Tribunale Amministrativo competente, Campobasso. E qui accade l’incredibile! Contrariamente a quanto successo in Puglia, il TAR molisano rigetta il ricorso motivandolo così ” …il ricorso non appare assistito da sufficienti motivi di fondatezza in quanto i consiglieri provinciali di sesso maschile che hanno proposto gravame non appaiono legittimati a dolersi della violazione delle norme previste a tutela della rappresentanza femminile”.

    Ecco il punto che appare incredibile: i fatti delle donne sono, per l’appunto, fatti di donne. Sei maschio? E allora taci!

     

    Ora, se la prima domanda spontanea è “la legge è davvero uguale per tutti o TAR che vai usanza che trovi?”; altre ancora ci sorgono non meno immediate:

    Perché nessuna donna è intervenuta ? Perché le Consigliere di Parità hanno taciuto?

    Sia nel caso di Taranto che di Isernia i ricorrenti erano maschi.

    Ci stupisce che le donne stesse siano state assenti nel difendere questo diritto, e che, se dobbiamo tenere conto di quanto affermato dal Presidente della Provincia di Isernia Luigi Mazzuto, abbiano addirittura “lavorato contro”.

    Tutto questo rende emblematicamente evidente l’immaturità che il nostro Paese ancora vive di fronte ai fatti della vita quotidiana in tema di parità di genere. Poco cambierà finchè persino dei giudici saranno convinti che l’equilibrio di genere nelle presenze istituzionali sia un “interesse sessista”, ossia solo al femminile (o al maschile) e non al contrario una condizione da “difendere” ed anzi pretendere nell’interesse di tutti, in quanto sano principio di gestione.

    E se poi le donne stesse diventano le grandi assenti in questo processo di evoluzione, sarà probabilmente davvero impossibile cambiare.

    Non meraviglia dunque la nota di Mazzuto in cui afferma che la vittoriosa resistenza davanti al Tar contro l’intrusione dei due maschi si deve alla qualità dell’ufficio legale in cui “operano anche donne” e che, nonostante ce lui l’abbia messa tutta a candidare qualcuna alle elezioni, “bisogna prendere atto che le donne non votano le donne”.


    di Claudia Nardelli

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