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Il movimento #MeToo (“AncheIo”) nasce negli Stati Uniti nell’ottobre scorso in risposta allo scandalo di Harvey Weinstein, il famoso produttore cinematografico accusato di numerosissimi atti di violenza sessuale su attrici nell’ambiente di lavoro. Ha poi concorso a farlo crescere anche lo sdegno per le volgari frasi di Donald Trump sull’argomento. L’hashtag #MeToo, diffusissimo nelle piattaforme social, viene ora usato per le rivelazioni sempre più frequenti di molestie e violenza sessuale.
E dopo #MeToo, ora c’è #Metoo. NowWhat? (“AncheIo. E ora?”), il programma di Zainab Salbi, attivista americana, lanciato sulla rete televisiva pubblica di programmi educative PBS per mantenere vivo il dialogo sul fenomeno delle molestie sessuali.
Con The Reckoning (La resa dei conti), primo episodio di #Metoo, NowWhat?, Salbi si è concentrata sul trattamento delle donne nel posto di lavoro, sulle loro difficoltà e sugli effetti del movimento sulle donne che lavorano, e ha chiesto ai suoi ospiti in studio perché ci sia voluto così tanto tempo prima che le donne cominciassero a parlare.
Tra i tanti motivi del silenzio delle donne c’è la debolezza della loro situazione finanziaria e legale. In particolare, la paura di perdere il lavoro, visto quante donne sono state licenziate per aver reagito o parlato oppure messe sulla lista nera per aver denunciato le molestie del loro capo o di un collega. E poi, le più vulnerabili sono le donne che, come succede spesso negli Stati Uniti e anche qui, non hanno tutti i documenti in regola e non hanno la capacità legale per combattere.
Ad aggravare la situazione, in media le donne, a parità di lavoro svolto, sono pagate meno degli uomini. Più deboli economicamente, hanno maggiori difficoltà a difendersi.
Nonostante queste difficoltà, da quando #MeToo è iniziato più di cento celebri uomini americani, anche di potere, sono stati pubblicamente accusati e persino condannati per molestie e violenze sessuali.
Alla PBS, alcuni uomini hanno confessato la loro paura di essere accusati di molestia sessuale solo per essere stati accanto alle loro colleghe e aver parlato con loro. E hanno accusato #MeToo di offrire alle donne una piattaforma dalla quale accusare ingiustamente, far condannare e danneggiare gli uomini.
Ma è un dato oggettivo, hanno risposto le donne intervistate dalla PBS, che negli Stati Uniti solo il 3% degli stupratori è stato messo in carcere e che molte denunce non sono state portate Avanti proprio per il diffuso timore che le accuse agli uomini non siano vere.
Anche se, è stato osservato, solo raramente qualche donna ha usato #MeToo per lanciare accuse ingiuste, è chiaro che bisogna vigilare perché questo non accada, per evitare il rischio di delegittimazione del movimento.
Certamente il rischio di accuse infondate è un problema, ma il timore che ciò si verifichi è quasi certamente provocato ad arte per zittire le donne che intendono difendersi e per nuocere a un movimento che può fermare il comportamento inaccettabile di tanti uomini.
Le molestie, i maltrattamenti e la violenza su donne e uomini sono purtroppo un fenomeno diffuso nel mondo intero. Bisogna fare luce su questo fenomeno e analizzarlo, concordano gli ospiti di Zainab Salmi. #MeToo è un modo per rendere meno sole le vittime della violenza sessuale, per far sì che le vittime abbiano finalmente una voce ascoltata.
Corrente Rosa partecipa rendere più attivo il movimento #MeToo in Italia, per meglio proteggere anche qui le donne vittime di molestie. L’8 marzo con la Casa Internazionale delle Donne chiamiamo allo SPEAK CORNER METOO WETOOGETHER per prendere la parola contro le molestie e il ricatto sui posti di lavoro: dalle ore 10.30 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, via Vittorio Veneto 56, Roma.
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