Ha un fisico da modella, ma le passerelle non le interessano: ha puntato su altro
All’ immagine proposta dai media di giovani donne impegnate “a sfruttare” il proprio corpo per scalare il successo come veline o modelle, si affianca quella di altre donne che, in modo meno visibile e quasi in controtendenza, scelgono di non puntare solo sull’aspetto estetico.
Queste giovani esistono, non hanno visibilità e sono tante. Io ne ho incontrata una.
Sara P., 26 anni, romana, figlia di assistenti di volo sempre in giro per il mondo, ha vissuto periodi della sua vita a Sydney, Singapore e Bangkok. Ha praticato nuoto agonistico, attività che le ha consentito di essere sempre in piena forma fisica. Consapevole del valore della bellezza e fiera del suo corpo “da modella”, a chi le dice che invece di “faticare” sui libri poteva fare carriera sulle passerelle, Sara risponde che preferisce puntare su capacità solide nel tempo: la sua “testa”.
Laureata in Economia, è alle prese con le prime esperienze nel mondo del lavoro, sperimentando le difficoltà dei giovani di oggi in un Paese ove, lei afferma, la donna ha ancora molto da fare per riuscire a conciliare il lavoro con la vita personale.
Sara, cosa ci dici della tua famiglia di origine?
I miei erano genitori giovani. Il loro è stato un amore a prima vista, in volo – erano entrambi assistenti di volo – si sono conosciuti proprio sul lavoro e sposati in 6 mesi. Sono tuttora sempre complici e molto innamorati. Nonostante viaggiassero molto, hanno dato a me e a mio fratello minore una educazione solida, ispirata a valori tradizionali come lealtà, onestà, rispetto degli impegni e ci hanno assicurato una vita regolare nei ritmi, come quella dei nostri coetanei.
Come hanno fatto i tuoi genitori ad assicurarvi una vita che definisci “regolare”?
Erano presenti i nonni, il nostro “secondo porto”, quando loro non c’erano. Mia madre e mio padre ci hanno sempre fatto sentire la loro presenza da tutte le parti del mondo e la nostra sensazione era che non ci abbandonassero mai.
Come ricordi la figura di tua madre?
Emancipata, ma nel contempo una mamma “tradizionale”, perché “si preoccupava dei figli anche da lontano e, quando c’era, si occupava della casa: cucinava benissimo! Impegnava le sue energie anche per se stessa e per essere donna anche fuori dai muri domestici. Soddisfatta della sua vita e pienamente autonoma, ogni tanto usciva per prendersi i suoi spazi dicendo “Ciao, vado via. Trovate la cena in frigo.”
E tuo padre invece?
Era un uomo forte, capace di infondere sicurezza e di andare oltre i ruoli tradizionali: sapeva stare a casa con noi figli, cucinare e occuparsi delle faccende domestiche. Era divertente vederlo con il grembiulone.
In che senso tuo padre vi infondeva sicurezza?
Quando dovevamo trascorrere lunghi periodi all’estero, era lui che faceva da apripista: ci assicurava sempre che al nostro arrivo ci fosse una casa vera ad attenderci! Era una scelta voluta: in qualunque parte del mondo c’era sempre la nostra casa.
Dove si sono svolti i tuoi studi?
Ho studiato a Roma. I miei genitori anche sotto questo profilo sono riusciti a garantirmi stabilità, anche se, essendo spesso dai nonni che vivevano in altro quartiere, ho frequentato per alcuni anni una scuola privata, per poi proseguire nelle scuole statali. Alla scuola pubblica mi sono divertita di più. Manderei i miei figli alla statale, perché ritengo che assicuri un maggiore collegamento con il mondo reale.
Hai praticato anche nuoto agonistico. Cosa ha rappresentato per te?
Ho iniziato a nuotare a 4 anni, a Singapore. L’agonismo è nato per mia scelta in piscina con i miei amici; mi sono ritrovata a gareggiare quasi con naturalezza. Tutti i giorni mi allenavo per 3 ore, e lì ho sperimentato che non c’erano distinzioni tra uomini e donne, eravamo trattati tutti alla pari!
Il nuoto mi ha lasciato una grande senso della disciplina, che mi porto nella vita ancora oggi.
Ad un certo punto gli allenamenti sono diventati incalzanti, richiedevano una scelta: lo sport o lo studio. Ho scelto lo studio.
Hai mai pensato di occuparti di altro?
Qualcuno in famiglia mi ripeteva: “Hai sbagliato tutto, dovresti fare la modella, il fisico ce l’hai!”. Ho invece preferito lo studio, il Liceo Classico e l’Università; poichè sono convinta che la bellezza svanisce nel tempo, ho voluto puntare su qualcosa che permane, la mia intelligenza e la mia personalità. Una donna è molto di più che un paio di gambe e penso che si sottovaluti se basa tutto sulla propria bellezza. Inoltre fare la modella avrebbe richiesto compromessi inaccettabili: amo essere libera di mangiare, perché per me la tavola è anche gioia e piacere di stare insieme agli altri. Non potrei mai fare una dieta perché imposta.
Non invidio la posizione delle donne che scelgono il mondo dell’immagine, perchè non riuscirei ad accettare rinunce e compromessi etico- morali che quegli ambienti troppo spesso purtroppo comportano. Senza dubbio per me sarebbe stato più difficile affrontare quella realtà, piuttosto che la ricerca di un lavoro stabile, come sto facendo oggi.
La libertà del mio corpo non ha prezzo.
Qual è il tuo rapporto con la bellezza?
Sarei ipocrita a dire che la bellezza non conta, soprattutto nella società moderna! Essere piacenti, avere bella presenza facilita molto il rapporto con gli altri. E anche per me in alcuni casi è stata una marcia in più. Mi piace essere bella, sono orgogliosa del mio corpo e mi curo, ma non tanto da diventarne succube. E’ una questione di giusto equilibrio.
Cosa faresti o diresti se tua figlia invece ti dicesse che non vuole studiare ma vuole fare la modella o la velina?
Appoggerei la sua decisione, se fossi convinta che si trattasse di una scelta fatta con piena libertà.
Cosa pensi della chirurgia estetica e dell’uso crescente che ne fanno oggi anche le giovanissime?
Ho il terrore del bisturi e non mi sottoporrei mai ad un intervento chirurgico solo per motivi estetici. Anche io ho avuto momenti problematici col mio corpo, perchè da adolescente “mi vedevo piatta come una tavola da surf”, ma ho trovato il mio equilibrio e ho fatto pace col mio corpo, aumentando la consapevolezza del mio essere donna in modo più profondo
Quanto pesa davvero il ruolo che la famiglia può avere nella realizzazione della parità uomo-donna?
Pesano molto gli esempi e l’educazione familiare, anche se ciò non basta. In Italia c’è ancora molto da fare dal punto di vista sociale. Non tutti ad esempio si possono permettere la scuola privata vicino casa o hanno dei nonni che possono o vogliono aiutare a crescere i nipoti.
Tua madre era una femminista. Ti senti anche tu femminista?
Ai tempi di mia madre la donna ha dovuto lottare per conquistare dei diritti. Io sono cresciuta dandoli per “acquisiti”. Non mi ritrovo più negli slogan di quell’epoca, soprattutto in quelli della contrapposizione col mondo maschile. Però so che mia madre ha lottato perché potessi crescere consapevole e libera di scegliere la mia realizzazione. Oggi però occorre andare oltre.
Ti senti rappresentata adeguatamente oggi nel tuo modo di essere e nei tuoi valori dai media e dalla classe politica?
I media troppo spesso danno un’immagine della donna del tutto parziale, sempre giovane e bella, velina o soubrette; oppure, al contrario, vittima di violenza. C’è tutta una parte della realtà femminile poco visibile.
Ma il vero gap rappresentativo, secondo me, è a livello politico e sociale: noi giovani siamo poco rappresentati e ancora più noi donne. Non mi sento rappresentata da nessun partito politico. I politici hanno per la maggior parte l’età dei miei nonni, e sono perlopiù uomini. Come possono davvero interpretare i miei valori e i miei bisogni? La distanza che ci separa da loro è troppa, e non solo per l’età.
Cosa auspichi per le donne giovani come te di questo paese?
Per le donne italiane auspicherei che riuscissero a trovare un giusto equilibrio tra il lavoro e il privato, che consentisse loro una autentica e libera realizzazione personale.
Mi augurerei però che anche gli uomini possano avere l’opportunità di essere più presenti ed impegnati in ambito familiare.
Sono convinta che gli stereotipi si superano solo lavorando nella realtà.
Vorrei che cambiassero i fatti e non solo i giudizi. Mi auguro qualcosa di più concreto e sostanziale per la società nel suo complesso.
(testimonianza raccolta da Claudia Nardelli con la collaborazione di Wanda Balta)
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