Recensione: Pensare l’impossibile

    Se una marziana  – annoiata dal maschilismo pervasivo del suo pianeta – dovesse sbarcare in Italia dovrebbe immediatamente comprare il libro di Anais.

     

    Anais le fornirebbe tutti gli strumenti per capire quale è la situazione delle donne nel nostro Paese e decidere se rimanere.

     

    La nostra marziana non si stupirebbe di trovare delle arzille ultra sessantenni che dopo il fulgore delle battaglie degli anni 60 e 70 si sono lanciate nella politica, nel giornalismo, negli studi di genere (Emma Bonino, Luisa Muraro, Daniela Del Boca). Tutte acute osservatrici della condizione femminile di allora e protagoniste di quella odierna che saprebbero convincere la marziana, con le loro parole, sulla bontà dell’Italia di genere. Secondo la Muraro, infatti: “le ragazze di oggi sono intimamente autonome non si fanno più definire dal desiderio e dalla volontà maschile”.

     

    Incoraggiata, la nostra marziana si concentrerebbe allora sul ritratto di italiane quarantenni e cinquantenni. Donne attive, donne impegnate nel lavoro e decise a soddisfare le proprie aspirazioni professionali come quelle familiari, donne splendide che non mollano, ma che dipingono un quadro impietoso dell’Italia. Hanno fatto figli “all’ultimo minuto” biologico possibile per non perdere il lavoro, difendono a spada tratta le donne stuprate con tutte le difficoltà del caso o ancora si schierano contro la televisione che avvilisce le donne. Non a caso Lorella Zanardo ci dice che la TV in Italia “ha lavorato ai fianchi delle persone uomini e donne facendo si che generazioni intere siano state “depotenziate” convinte che qualunque loro reazione sarebbe stata inutile”.

     

    Quasi convinta a prendere un biglietto per Stoccolma, la marziana continuerebbe a leggere e Anais Ginori le offrirebbe i ritratti di tre donne dai trenta ai quarant’anni: una pubblicitaria, un’analista politica e una consigliera comunale che hanno scoperto sul tardi la discriminazione. Sofia Ventura scrive: “Anche io ho sopportato a lungo. Minimizzavo. In fondo si trattava solo di scherzi e battute  […] Se dovessi pensare al momento della svolta direi nel 2007. Con la battuta di Berlusconi sulla Carfagna che provocò l’articolo di Veronica Lario. [….] da li la mia reazione”. E infatti la Ventura scrive un articolo sul “velinismo in politica” che farà alzare tutti gli scudi della destra. Ma non è la sola ad esprimere questo disagio tardivo: per Valentina Maran la pubblicitaria: “la presa di coscienza è arrivata col tempo, crescendo, rendendomi sempre più indipendente come donna e cominciando a farmi delle domande.[…] Significa litigare col cliente […] andare controcorrente.” Valeria Valente, la consigliera comunale eletta sulle liste della sinistra chiude il cerchio: “nella militanza politica ho riflettuto sull’identità femminile. L’indignazione s’impara”.

     

    A questo punto la marziana sarebbe completamente sconcertata: ma come è possibile che ci siano delle donne cosi eccezionali e una condizione femminile cosi difficile? Questo paese le sembrerebbe troppo intrigante e deciderebbe di continuare ad analizzare la situazione delle ragazze e delle donne italiane.

     

    E infatti non rimarrebbe delusa dalle “Malefiche” un gruppo di studentesse che ha creato un laboratorio di genere alla Sapienza. Come non rimarrebbe delusa dagli interventi per assicurare la contraccezione di emergenza. Queste ragazze le apparirebbero decisamente sveglie e consapevoli anche del fatto che, finite le illusioni sulla parità, devono continuare a fare i conti con il mondo maschile ad esempio con i ragazzi che gestiscono le rivolte studentesche come se appartenessero solo a loro. Ragazze che, inoltre, organizzano una manifestazione “take back the night” per contestare le politiche autoritarie di sicurezza che utilizzano la donna come uno stendardo.

     

    Allora è fatta? Le ragazze assicureranno la parità? Ma le Malefiche hanno molto da fare con le loro coetanee che “fanno resistenza [al femminismo] perchè hanno paura di ciò che potrebbe dire l’amico o il fidanzato. Forse temono di diventare meno “appetibili” agli occhi di un maschio”.

     

    La nostra marziana sarebbe a questo punto molto combattuta: gli elementi buoni ci sono ma come farli emergere da questa melassa fatta di televisione e pubblicità che riduce la donna ad un oggetto sessuale, di opposizione politica debole  dove gli elementi positivi non riescono ad essere visibili, di politiche senza ambizione e senza visione di una società paritaria e di un popolo indifferente a qualsiasi offesa o violazione pubblica?

     

    Anais Ginori ci dimostra come la questione di genere non è una questione che riguarda solo le donne ma un problema profondo che implica tutta la società. Anais ci ha dato uno specchio per guardarci, noi donne che non si arrendono, e ci chiede di ricominciare a pensare l’impossibile.

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