Aulò

    “Da quindici anni il mio cammino è stato illuminato da questi due fari: Sara e Aulò mi hanno aiutata a superare i continui esami della vita e ad avvicinarmi alla società in maniera intensa. Quando parlo di società intendo soprattutto quella eritrea, francese e italiana: da quindici anni viaggio in lungo e in largo, prevalentemente all’interno dell’Italia, il mio ultimo paese di adozione. Ultimo per residenza, non per amore.

    Viaggiando da nord a sud scopro ogni giorno la bellezza della gente, di questo paese che profuma di una grande storia e di una incedibile ricchezza artistica e gastronomica. Con il passare del tempo mi sono detta: “Mia nonna aveva ragione ad amare questo popolo e questa terra”. Nello sesso tempo mi dispero, perché nella maggior parte dei mass media italiani, più che la bellezza di questo popolo emerge l’aspetto oscuro: quello che fa comodo a chi non vuole affrontare i veri problemi e le devia creando nuovi capri espiatori. La mia paura è che gli italiani ci caschino e credano di essere quello che in realtà non sono – almeno io lo credo fermamente.”

    Dalla Introduzione alla Nuova Edizione (2009) di Aulò, canto-poesia dall’Eritrea (Sinnos Editrice)

    Ribka Sibhatu

    (1)Aulò è una specie di canto-poesia..una rima recitata e cantata con lo scopo preciso di lodare, condannare, accusare, difendersi, ecc.

    Ribka è nata ad Asmara, in Eritrea. È laureata in Lingue e Letterature Straniere all’Università “La Sapienza” di Roma, presso cui ha anche conseguito il dottorato di ricerca in scienze della comunicazione. Esperta di immigrazione, dal 1992 si occupa di mediazione interculturale in tutta Italia, presso scuole pubbliche, enti e associazioni. Ha pubblicato Alì e altre storie (RAI, 1998), Cittadini della poesia (Loggia dei Lanzi, 1998), Il cittadino che non c’è. L’immigrazione nei media italiani (Edup, 2004).

    La Verginità

    La verginità è importante come gli occhi, se non di più, per una sposa. Nella nostra tradizione se una sposa non è vergine l’indomani dl suo matrimonio la si riporta a casa dei suoi le si mette addosso lo wonciò (*) e la si carica su un asino. Questo fatto è considerato una disgrazia per tutta la famiglia. Durante la guerra la gente di città si era rifugiata nelle campagne. Per integrarsi ci volevano tanti sacrifici, per esempio si doveva portare una ventina di litri d’acqua sulle spalle anche se la sorgente si trovava a tre o quattro chilometri di distanza. Nel 1981 ero rifugiata ad Adi Hamuscté, una ventina di chilometri di Asmara. Un pomeriggio arrivarono, nella casa dove ero rifugiata,un bel giovanotto e quattro anziani e mi spiegarono che il giovanotto, che non avevo mai visto prima di allora, voleva sposarmi perché il giorno precedente aveva avuto la disgrazia di trovare una sposa violata!
    Se avessi rifiutato la proposta e se mio fosse stato d’accordo con lo sposo avrei rischiato o di essere sposata con la forza o di essere maledetta da mio padre. La maledizione dei genitori è molto temuta dai figli! A questo punto mi venne un’idea, quella di dichiarare d’aver avuto anch’io un incidente irreparabile…! Vi lascio immaginare la reazione di mio padre che nella nostra comunità venne anche lui considerato disgraziato. Il nostro giovanotto senza aprir bocca andò alla ricerca della vergine!

    * una specie di coperta di lana ruvida, di colore nero, normalmente usata per la sauna tradizionale solo dalle donne.

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