Confronto della proposta di legge Regione Lazio sui consultori con la normativa della Regione Lombardia 2

    Qui di seguito forniamo un’analisi giuridica del testo con un confronto rispetto alla normativa costituzionale, nazionale e regionale (Lombardia)1

    A fronte dei testi normativi analizzati è possibile individuare alcune divergenze significative tra la normativa della Regione Lombardia e la proposta di legge della Regione Lazio, alla luce delle quali la seconda appare incompleta e non idonea a soddisfare i parametri previsti dalla legge nazionale, poiché – contrariamente alla disciplina prevista dalla Regione Lombardia – si concentra soltanto su alcuni aspetti dei servizi per i quali i consultori familiari sono stati creati, ignorandone totalmente altri, che si rivelano tuttavia altrettanto fondamentali ed importanti.

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    In particolare:

    1. L’Art. 1.3 della PL Lazio 21/2010 dispone che: “[l]a regione tutela la vita nascente ed il figlio concepito come membro della famiglia“, discostandosi dalla Legge nazionale 405/1975 sull’istituzione dei Consultori Familiari, la quale, all’art. 1.c, afferma che lo scopo di tale servizio è, tra l’altro, di tutelare “la salute della donna e del prodotto del concepimento“.

    All’interno dell’art. 1.3, PL Lazio 21/2010, al contrario, la tutela è riservata esclusivamente al nascituro (il quale, stando ad un esame del testo, è considerato membro della famiglia dal momento del concepimento) mentre non viene fatta menzione dei diritti e della tutela per la donna gestante.

     

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    2. La PL Lazio 21/2010 sancisce sin dall’art.1 il “valore primario” della famiglia fondata sul matrimonio, senza nulla menzionare riguardo ad altri tipi di coppie.

    Nella normativa della Regione Lombardia, al contrario, è assente una “categorizzazione” tra coppie unite da matrimonio rispetto ad altri tipi di coppie. Essa, infatti, non precisa le tipologie di coppie esistenti a livello nazionale, ma individua fra i soggetti beneficiari, indistintamente, “la donna”, “la coppia” e la “famiglia” (art. 2.1 L.R. Lombardia, n. 44/1976assistenza psicologica, sociale e sanitaria ai singoli, alla coppia ed alla famiglia”).

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    3. La PL Lazio 21/2010 si concentra quasi esclusivamente sulla fase della gravidanza, omettendo invece le misure relative ad assistenza ed educazione preventiva, procreazione responsabile.

    La Legge nazionale 405/1975 (art.1), dispone infatti espressamente che i Consultori Familiari perseguono quattro obiettivi:

    1. Assistenza psicologica e sociale alla coppia ed alla famiglia;

    2. Somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile;

    3. Tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento;

    4. Divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza.

    Alla luce di tali obiettivi, l’art. 2 della stessa stabilisce che le Regioni disciplinino i criteri per la programmazione, il funzionamento, la gestione ed il controllo di tali servizi.

    In tal senso, la normativa Regione Lombardia appare maggiormente esaustiva rispetto a quella proposta nel Lazio, poiché propone un intervento bilanciato tra la fase “preventiva” (relativa all’educazione sessuale ed alla pianificazione familiare) e quella inerente al momento stesso della gravidanza (che la donna può decidere di interrompere, a determinate condizioni, previste dalla legge.

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    4. Inoltre, la PL Lazio 21/2010 soddisferebbe solo marginalmente gli obiettivi fissati dalla legge nazionale in relazione ai seguenti punti:

    a) La proposta individua non solo un “percorso obbligatorio” per la famiglia all’art 13, ma anche un “obbligo morale” della gestante di rivolgersi al Consultorio Familiare (art 14.2). Inoltre, ai sensi dello stesso art. 14, PL Lazio 21/2010, “il consultorio anche di propria iniziativa prende contatto con la donna” al fine di prevenire l’interruzione volontaria della gravidanza. Quanto sopra implica evidentemente una forte limitazione della libertà di scelta (informata e consapevole) della coppia e del singolo sancita all’art. 1.2 della L. 405/75.

    b) Come già osservato sopra, la proposta pone l’accento sulla tutela del figlio concepito e non anche su quella della donna gestante, omettendo qualsiasi riferimento alla tutela della salute della donna ovvero alla libera scelta del “singolo” individuo;

    c) Scarsissima attenzione è portata alla fase “preventiva” inerente all’educazione e alla divulgazione di informazioni, fase tuttavia ritenuta fondamentale dal legislatore nazionale, poiché essenziale al fine di procreare in modo consapevole e responsabile.

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    5. L’art. 26, PL Lazio 21/2010, prevede l’istituzione di Comitati Bioetici la cui composizione e funzioni sono quanto meno ambigue e si prestano ad interpretazioni eterogenee. È peraltro totalmente assente la definizione di “norme bioetiche”.

    A tale proposito, si sottolinea che la bioetica (questioni morali collegate alla ricerca biologica) è un settore complesso e controverso. La disciplina nazionale ha già fissato, per legge, i limiti a determinati interventi, e disciplinato le attribuzioni ed i servizi che i consultori familiari possono (devono) fornire agli utenti. In tal senso, dunque, la previsione di fantomatici “comitati bioetici” che possano decidere in merito ai servizi forniti dai singoli consultori risulta dunque in palese violazione dell’art. 117 della Costituzione, a norma del quale lo Stato ha competenza esclusiva in relazione alla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, nonché ha potestà legislativa riservata per la determinazione dei “principi fondamentali” in materia di “tutela della salute”. Principi fondamentali già chiaramente stabiliti dal legislatore con le leggi sopra citate, e che dunque non possono essere ridotti o negati in base alla disciplina regionale, né tanto meno da parte di sedicenti “comitati bioetici” da questa creati.

     

    Infine, la proposta di Legge del Lazio è in evidente contrasto con l’articolo 3 della Costituzione sulla pari dignità sociale ed eguaglianza davanti alla legge, in quanto traccerebbe una discriminazione tra le donne della Regione Lazio e quella della Lombardia.

     

    • 1 Proposta di legge – Regione Lazio – del 26/05/2010 n. 21 per la Riforma e la riqualificazione dei Consultori Familiari (di seguito PL Lazio 21/2010);

    • Decreto Direttoriale Regionale – Regione Lombardia – del 22/01/2008 n. 327 (Atto di indirizzo per la attuazione della legge 22 maggio 1978, n. 194 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” (di seguito, DDR Lombardia, 327/2008);

    • Legge nazionale 405/1975 sull’istituzione dei Consultori Familiari (di seguito “l. 405/1975”);

    • Legge Regionale – Regione Lombardia – del 6/09/1976 n. 44 “Istituzione del servizio per l’educazione sessuale, per la procreazione libera e consapevole, per l’assistenza alla maternità, all’infanzia e alla famiglia“, pubblicata nel B.U. Lombardia 8 settembre 1976, n. 36, suppl. (di seguito “L.R. Lombardia 44/1976”);

     

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