Alla conferenza dei ginecologi cattolici, tenutasi il 15 novembre a Milano, i medici cattolici hanno lamentato un “pregiudizio” nei propri confronti, arrivando a chiedere di “riservare metà dei posti disponibili a personale obiettore, e l’altra metà a chi non lo è, in modo da garantire il servizio e tutelare al contempo le posizioni di tutti”.
Ma i ginecologi, ed ostetrici, cattolici, sono in grado di fornire ai cittadini, ed in particolare alle donne, un servizio professionale, completo ed efficiente?
Leggendo la “promessa degli ostetrici cattolici”, un dodecalogo adottato dai medici partecipanti alla conferenza, sorge qualche dubbio. I ginecologi e ostetrici cattolici difatti si impegnano a:
– non consigliare, né ricorrere o facilitare il ricorso alla fecondazione assistita, né prendere parte agli interventi necessari per la sua realizzazione
– non consigliare o facilitare l’aborto volontario,
– non prescrivere pratiche contraccettive, intercettive e di sterilizzazione.
Più che pregiudizi, quelli contro i ginecologi cattolici sembrano piuttosto legittime preoccupazioni.
Se si capisce l’obiezione alla pratica dell’interruzione di gravidanza, è meno chiaro capire cosa significa “non facilitare” il ricorso all’interruzione. Sono proprio i medici che lavorano nei consultori difatti che svolgono i primi esami e hanno il dovere di fornire le informazioni e i documenti necessari per chiedere l’interruzione di gravidanza. Cosa vuol dire allora “non facilitare”? che queste informazioni non vengono fornite? che la carta per presentarsi in ospedale non viene rilasciata? che la paziente deve fare una sorta di caccia al tesoro o percorso ad ostacoli per capire se e come è possibile chiedere un’interruzione di gravidanza? Lo stesso per la fecondazione assistita (che peraltro serve a procreare!). Non “facilitano il ricorso” alla fecondazione … che fanno, nascondono ad una coppia in difficoltà le opportunità offerte dalla medicina? non li informano adeguatamente?
Chiederei quindi ai cari ginecologi-cattolici di spiegare, a noi cittadine, cosa vuol dire “non facilitare”, visto che se ben ricordiamo c’è gia una legge che determina come e a che condizioni una interruzione di gravidanza puo essere effettuata, ovvero in quali casi si può ricorrere alla fecondazione assistita, e che il servizio sanitario nazionale è pagato dai cittadini che hanno diritto ad un servizio completo, efficiente, che informi ed assista TUTTI i pazienti, non solo quelli che la pensano come loro?
Il punto è che se si è correttamente informati, si può scegliere (chiedo di interrompere la gravidanza oppure tengo il bambino e chiedo supporto economico… decido di tentare la fecondazione o magari penso all’adozione). Se invece non si è informati (non sia mai che “faciliti”) invece, la scelta non c’è. Tutto qui.
In aggiunta, occorre sottolineare che a rigor di legge (v. l’articolo sulla sentenza del TAR Puglia, sugli obiettori nei consultori), l’obiezione può riguardare soltanto l’esecuzione dell’interruzione di gravidanza, e non già l’assistenza preventiva, e certamente non può riguardare la prescrizione di anti-concezionali o anche della pillola del giorno dopo!
Queste sono belle e buone violazioni deontologiche e potrebbero addirittura ammontare ad una omissione di atti d’ufficio o interruzione di pubblico servizio.
Altro che prevedere di riservare metà dei posti a medici obiettori. Gli obiettori dovrebbero essere esclusi a priori da posti in ospedali e consultori pubblici, perchè – come da loro stessi dichiarato! – si rifiutano a priori di fornire il servizio (pubblico) al quale sono chiamati e tenuti per legge.
[Claudia Sarrocco]
(v. articolo sul Corriere della Sera –
http://www.corriere.it/salute/
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