La scorsa settimana si sono riunite a New York 150 donne per l’annuale conferenza Women in the World edizione 2011, sono state invitate da tutto il mondo da Tina Brown, unica guida editoriale del sito d’informazione The Daily Beast e della storica rivista Newsweek. C’erano capi di Stato, promotrici dei diritti civili in paesi in via di sviluppo, imprenditrici, giornaliste, cantanti, attrici che hanno messo a disposizione la propria fama per migliorare la condizione della donna nella società. Tra le altre Ingrid Betancourt, Aung San Suu Kyi, Mia Farrow, Meryl Streep, la First Lady americana Michelle Obama ecc. Per l’Italia sono state invitate Emma Bonino e Violante Placido, anche per rappresentare tutte quelle donne che il 13 febbraio sono scese in piazza per denunciare il loro malessere in un paese che oggi non “investe” abbastanza su di loro. Durante il dibattito che intendeva fotografare l’Italia, Emma Bonino ha posto l’accento sulla necessità che siano le stesse donne a tornare a lottare per i loro diritti e per uno stato sociale più equo, soprattutto con una maggiore presenza in politica, una presenza da conquistare a prescindere dalle quote rosa; ha evitato poi di soffermarsi solo sulle responsabilità dell’attuale primo ministro italiano. Tali responsabilità invece sono state sottolineate dalle giornaliste americane intervenute e sono state riprese da Violante Placido, sulla scia di un video che riproduceva tutte le immagini sessiste che le donne in Italia stanno ormai denunciando da mesi e mesi, e che attraversano in lungo e in largo la nosta televisione.
Ma al di là delle immagini sono state le cifre e le statistiche che hanno lasciato letteralmente esterrefatta la platea: una verità che in Italia non si vuole vedere e che per es. i telegiornali di Mediaset nascondono, visto che per l’8 marzo hanno descritto una realtà tutta in positivo, pressoché “rosea”, così come fa la Terragni sul Foglio, dichiarando che “i numeri sono una cosa strana” e affermando che il nostro sarà un paese “strano” ma pur sempre bello: insomma un discorso mistificatore che termina infatti su una riflessione monca: “il vittimismo e il pariopportunismo possono fare danni più seri di qualunque mediaticissimo velinismo”. Paradossalmente il vittimismo è proprio ciò che ha sempre combattuto e combatte a viso aperto, con grande coraggio e senza mistificazioni, Emma Bonino. E tutte noi che siamo scese in piazza rivendichiamo al di là di tutto la libertà di cambiare i numeri, al nord come al sud, dando alle donne indipendenza economica e sociale, lasciando loro la possibilità di scegliere di diventare madri, di poter avere un lavoro e/o di costruirsi una famiglia, fornendo il supporto necessario a entrambi i genitori per prendersi cura dei figli, e l’assistenza necessaria a tanti anziani, che non possono essere lasciati solo alla cura dei familiari. Inoltre rivendichiamo la dignità del nostro corpo che non deve essere merce di scambio, né in televisione né tanto meno nella società. Siamo d’accordo su un punto: nel lavoro come in politica o in qualsiasi altro settore il problema è l’accesso per cooptazione, infatti è vero che nell’istruzione come nei concorsi le donne stravincono. Ma appunto il problema non è certo lo strumento, per quanto mi riguarda tutto è lecito per promuovere i talenti delle donne, perfino la cooptazione se s’impiega per scegliere un vero e riconosciuto talento e soprattutto le quote. Ma tutti i mezzi possono risultare vani in un paese dove può essere facile mortificare la dignità delle donne, le quali vengono “scelte” solo perché sono belle o perché sono prone al volere di chi le sceglie, per solito uomini che non amano essere contraddetti.
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