Donne al lavoro? Una spinta al Pil fino al 6-9%

    Le stime La crescita con un aumento del tasso di occupazione al 60%

    MILANO – Non è più (o non solo) una questione di pari opportunità, ma una faccenda squisitamente economica. Puntare sull’ occupazione femminile rappresenta un vantaggio competitivo e, in tempi di recessione, può accelerare l’ uscita dalla crisi. Con il 60% di donne occupate, cioè 2 milioni e 600 mila in più delle lavoratrici attuali, il prodotto interno lordo italiano crescerebbe tra il 6 e il 9% in più all’ anno. E ancora: riducendo il divario occupazionale femminile tra Nord e Sud di 1.700.000 unità, il Pil avanzerebbe di 4-6 punti percentuali, stima Roberta Zizza della Banca d’ Italia. Invece in Italia appena il 46,6% delle donne risulta al lavoro, secondo le ultime statistiche Ocse datate 2007, una percentuale lontana dalla media dei Paesi Ocse (57,4%) e ancora di più da quella dell’ Unione europea a 15 (59,1%). Solo Turchia, Messico, Grecia e Corea del Sud fanno peggio. Le imprese al femminile «fanno più ricavi, più margini lordi e presentano normalmente meno rischi», ha aggiunto l’ economista di Bankitalia nel corso della conferenza Womenomics, organizzata dall’ associazione «Corrente Rosa», citando diverse ricerche, da quella Mc Kinsey del 2007 a quella più recente del Cermes. Paradossalmente, però, sono poi le imprese rosa a pagare, a parità di condizioni, tassi di interesse più alti alle banche, a meno che il garante non sia un maschio possibilmente più anziano. Così come una donna tra i 25 e i 54 anni, con un impiego a tempo pieno, riceve un taglio in busta paga del 18% per ora lavorata, rispetto a un uomo (del 22% se ha un diploma universitario).

    Giuliana Ferraino [Corriere della Sera – 25 aprile 2009]

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