Le diverse facce della conciliazione. Quando la parità dei diritti premierà le donne.

    La conciliazione del lavoro e della famiglia per le donne italiane è un argomento complesso, lo sappiamo tutte e lo sa la giornalista Laura Preite che lo racconta attraverso i primi cinque video reportage che ha realizzato per il giornale “La Stampa”. Sono storie significative, in parte rappresentative di una realtà sfaccettata, nella quale gli ostacoli da rimuovere affinché le donne raggiungano una vera parità sono molti (inadeguati servizi di cura, costo del lavoro, assenza di un reale mercato del lavoro ecc.) e forse tutti riportabili ad un unico problema di fondo: la necessità di un rivolgimento culturale, perché insieme al ricambio dei comportamenti sociali e lavorativi si deve lottare ancora contro la discriminazione che pure continua a penalizzare le donne.


    Nella intervista alla imprenditrice pubblicitaria non a caso si evidenzia la lotta che questa donna ha dovuto intraprendere innanzitutto contro i pregiudizi, il comportamento di chi in lei ha visto prima la donna, suggerendole che sarebbe stato meglio occuparsi della sua bambina e non lasciarla all’asilo nido perché certo avrebbe avuto prima o poi dei sensi di colpa; oppure trovando incredibile il fatto che in quanto donna fosse in grado di esprimere opinioni ed individuare problematiche. Per non parlare di tutti quegli uomini che si sono sentiti in diritto di farle delle avances prima ancora di parlare di lavoro.
    Nella intervista alla avvocata, sposata con tre figli, la storia del possibile senso di colpa, che dovrebbe gravare sul suo rapporto con i figli, ritorna amplificato benché in parte ridimensionato alla semplice realtà che certo sarebbe meglio vivere più tempo con i figli, ma purtroppo il tipo di lavoro non lo permette.
    Nel caso poi della intervista alla impiegata ci troviamo di fronte ad una donna (single) che non poteva che scegliere di lavorare ed affidare la bambina all’asilo nido, avendo poi anche il coraggio di lasciarla sola relativamente sola negli anni della crescita, s’intende adottando delle pratiche che in qualche modo le tenessero in contatto (telefono ecc.). Ciò a quanto pare non ha impedito a entrambe di crescere “insieme”. Certo un asilo nido sul posto di lavoro prima e soprattutto maggiore flessibilità poi l’avrebbero aiutata a superare qualche rischio di troppo!
    Che le donne faticano non poco a conciliare i tempi del lavoro e della famiglia è noto, e l’ISTAT ce lo conferma per ogni anno che passa e comunque in Italia resta il dato di un tasso di occupazione al 46%, più basso della media europea: ci piacerebbe tanto pensare che è frutto di una libera scelta ma così non è, e infatti l’analisi svolta recentemente dall’Ispo ( Istituto di ricerca sociale) dal titolo “Un dito tra moglie e marito”, realizzata con un doppio campione di coppie, evidenzia incontrovertibilmente la grande insoddisfazione delle donne, certo compresa e condivisa inoltre dagli stessi mariti, peccato però che questa consapevolezza non cambia il dato di fondo per cui sono gli uomini che ancora oggi si sentono più liberi di impegnarsi nel lavoro piuttosto che a casa, e a quanto pare senza grandi sensi di colpa.

     

    http://www3.lastampa.it/costume/sezioni/articolo/lstp/431749/

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