Il potere intelligente

    Il “potere intelligente” (smart power)

    La vicenda di Roxana Saberi, la giovane e bella giornalista irano-americana che è stata liberata dopo aver trascorso tre mesi nelle carceri iraniane, ci dice che possiamo e dobbiamo nutrire le giuste speranze per la nuova strategia che gli Stati Uniti vogliono perseguire nel mondo. Perfino in Iran i sentimenti laici covano sotto lo chador e il velo delle donne, che pure indossano minigonne e vestiti scollati quando vanno alle feste, così ci dice Bernando Valli (inviato di Repubblica), a colloquio con una donna a Teheran e a trenta anni di distanza dalla rivoluzione clericale. Di donne che si spendono e si sono spese con il loro lavoro e la loro lotta per lo sviluppo dei diritti civili e della pace è pieno il mondo! E ogni giorno bisognerebbe narrarne le gesta, anche quelle sconosciute o chissà perché subito dimenticate.

    Dunque “smart power” o “soft power”, come emerge dall’analisi di Alessandro Politi nel Rapporto Nomisma 2008 (Osservatorio Scenari Strategici e di Sicurezza), un concetto che viaggia con le parole coniate da una donna (See Suzanne Nossel) e che la segretaria di Stato Hillary Clinton utilizza per rilanciare l’internazionalismo liberale americano. Le donne appunto ancora le donne protagoniste di una politica e di una azione socio-culturale che è più attrattiva e meno coercitiva, non violenta. La vera capacità di attrazione che possono produrre le donne con il loro lavoro. Gli strumenti di questo lavoro, attraverso la promozione della comunicazione e del confronto, sono quelli dell’ approvazione e dell’investimento in nuovi progetti di riforma sociale e culturale. Barack Obama, per quanto riguarda lo sviluppo di genere, non a caso, ha istituito un’agenzia intergovernativa per promuovere attivamente le politiche di valorizzazione delle donne (il White House Council on Women and Girls). Politi segnala fra l’altro che anche gli Emirati Arabi stanno investendo nelle politiche di sviluppo di genere, per poi ribadire che di fatto gli Stati che d’ora in poi vogliono davvero progettare il loro futuro non possono che investire nella vera forza attrattiva delle donne che si esprime in una: “maggiore visione di lungo periodo, maggiore capacità di pianificazione e programmazione, maggiore resistenza alla tensione prolungata, maggiore capacità di gestione strategica della negoziazione”. I fattori di dispiegamento di questa potenza passano dall’istruzione nonché dalla scuola e dalla famiglia. Infine Politi, non so quanto memore di un “pensiero della differenza” che pure molto ha dato alla riflessione filosofica femminile, auspica “una silenziosa evoluzione culturale che cambi in modo sostanziale come vengono educati femmine e maschi in ambito familiare”. In Italia è una disparità evidente e occorreranno tre generazioni per superarla. Oggi se non iniziamo davvero a farci carico di un tale gap, vissuto come una profonda ingiustizia dalle donne italiane che vorrebbero dare il loro pieno contributo nella società in cui vivono, rischiamo di compromettere una volta per tutte il nostro futuro.

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