Cara Serena non c’è dubbio sul fatto che il potere va esercitato, come declinarlo però non è una questione di romanticismo! Altrimenti io voglio essere una inguaribile romantica! Si può essere dure/duri ma perché come e a quale scopo non è indifferente. Intanto direi che il potere per il potere poco importa se non è diretto ad un buon fine. Come ha ben detto la ns. amica Carla Lacroce nella sua tesi (“Differenze di genere nei paesi OCSE”): bisogna “trattare le questioni di genere in una visione olistica del benessere di uomini e donne come un fine in sé stesso”.
Infatti il tuo esempio è calzante perché si considera, o almeno si dovrebbe considerare sempre un bene smascherare o denunciare gli incapaci o le incapaci in genere che procurano un male al prossimo e alla collettività o peggio coloro che agiscono deliberatamente in malafede. Inoltre, per intenderci, Sotomayor è una dura ma prenderò bene le distanze da lei se dovesse agire contro il diritto delle donne all’aborto! E ciò introduce un’altra considerazione sul punto, perché “smart and tough” spesso è una terminologia che si riferisce all’ambito del fare politica, ed è ben diverso ispirarsi al pensiero “duro” della Thatcher o di Reagan piuttosto che al “soft and smart power” di Obama e della Clinton. Per quanto mi riguarda loro sono anche dei duri ma mi fido abbastanza del modo come esercitano il potere e declinano questa loro capacità di voler cambiare le cose e di incidere sulla realtà, che poi non è altro che “fare politica”. In Italia si fa sempre meno ma non è detto che non si possa cambiare.
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