In Inghilterra è severamente inquadrata la pubblicità per evitare gli stereotipi di genere – di Nicoletta Bevilacqua

    Un recente articolo apparso sul New York Times a firma di Valeriya Safranova segnala come in Gran Bretagna siano state introdotte nuove regole che non consentono di usare stereotipi di genere nelle pubblicità.

    Il Regolatore della pubblicità ha annunciato i cambiamenti per dicembre, ma alle società è stato concesso un periodo di adeguamento di sei mesi prima della loro entrata in vigore.

    L’Autorità degli standard pubblicitari della U.K., ha dichiarato inoltre, come sottolinea il NYT, che vieterà anche gli annunci che collegano le caratteristiche fisiche con il successo in ambito sociale o sentimentale, o che assegnino tratti di personalità stereotipati a ragazzi e ragazze, come il coraggio per i ragazzi e la tenerezza per le ragazze; o che suggeriscano che le neo mamme dovrebbero dare la priorità al loro aspetto o alla pulizia della casa piuttosto che alla loro salute emotiva; o che dileggino gli uomini per essere inappropriati nello svolgimento di compiti stereotipati “femminili”, come passare l’aspirapolvere, lavare i panni o impegnarsi maggiormente nel ruolo di genitore.

    Le linee guida, fa presente il NYT, sono state sviluppate dopo che un rapporto del Regolatore ha rilevato che l’immaginario e la retorica stereotipati dal punto di vista del genere “possono portare a esiti diseguali di genere negli aspetti pubblici e privati della vita delle persone.” Tra i casi esaminati vi è stato quello di una pubblicità per la Protein World, una bevanda per perdere peso, che ha mostrato una modella in bikini con la domanda: “Sei pronta per il body da spiaggia?” Da qui una petizione di Change.org che ha raccolto oltre 70.000 firme per chiedere la rimozione di questa pubblicità.

    The Advertising Standards Authority è stata autorizzata a vietare le immagini che ritiene offensive: già nel 2016 era stata bloccata una campagna di Gucci per l’utilizzo di una modella apparentemente “malsana”, mentre nel 2017 è stato bandito uno spot pubblicitario di Rimmel a causa di immagini che avrebbero potuto ingannare gli spettatori. Più recentemente, il regolatore ha criticato una pubblicità per un concessionario Porsche la cui pubblicità metteva in evidenza parti del corpo femminile.

    L’articolo fa notare che, con le nuove linee guida, la Gran Bretagna entra nel gruppo di paesi come Belgio, Francia, Finlandia, Grecia, Norvegia, Sud Africa e India, che hanno leggi o codici di vario tipo che impediscono la discriminazione di genere negli annunci pubblicitari. A tale riguardo si cita come esempio la Norvegia, che ha una legge che proibisce il sessismo negli annunci pubblicitari fin dal 1978. Una legge spagnola del 2004 contro la violenza di genere vieta agli annunci di mostrare immagini degradanti del corpo di una donna, e i codici austriaci considerano discriminatorie le descrizioni che riducono una persona alla loro sessualità. Negli Stati Uniti, invece, le linee guida sugli stereotipi nella pubblicità sono controllate solo per gli annunci rivolti ai bambini.

    L’articolo rileva anche come le aziende stiano valutando il problema del sessismo nella pubblicità. Nel 2017, il gigante dei beni di consumo Unilever ha collaborato con UN Women e una serie di grandi aziende, tra cui Google, Johnson&Johnson e Mars, per creare l’Unstereotype Alliance, che ha l’obiettivo di educare le persone a comprendere come la pubblicità possa perpetuare i pregiudizi.

    Interessante è poi la notizia relativa all’Istituto Geena Davis su Gender in Media che ha collaborato con Google per analizzare oltre 2000 spot in lingua inglese. Dalla indagine è emerso, come sottolinea il NYT, che tra il 2006 e il 2016 il numero di personaggi femminili nelle pubblicità video è rimasto sostanzialmente invariato. La quantità di uomini dello schermo era di quattro volte quella delle donne, e gli uomini parlavano circa sette volte più spesso delle donne. Mentre gli annunci con solo uomini rappresentavano circa un quarto di tutti gli annunci, quelli che rappresentavano solo le donne costituivano il 5% del totale. Anche una altra indagine, del Lloyds Banking Group, mostrava che, nel 2016, solo circa un terzo delle persone mostrate negli annunci erano donne. Raramente occupavano posizioni di potere, e quando lo facevano, il “ruolo era spesso legato alla seduzione, alla bellezza o alla maternità”.

    Secondo Corrente Rosa, questo approccio dovrebbe essere portato all’attenzione della Commissione Europea affinché sia emanata una Direttiva che potrà essere attuata anche in Italia dove gli stereotipi di genere non sono sufficientemente regolamentati.

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