di Claudia Sarrocco
Quando si parla di condizione femminile, si arriva inevitabilmente alla questione del ruolo delle donne in politica. E che ci si trovi in Italia piuttosto che nel Maghreb, la questione è la stessa: le donne possono essere la metà della popolazione ma spesso la rappresentazione a livello politico ci sfugge, la parità, per dirlo con le parole di Segolène Royale è “pour le vote d’apres, toujours pour le vote d’après” (per il voto successivo, sempre per il voto successivo).
La seconda edizione del Women’s Tribune, che si è tenuta a Essaouira, in Marocco, a fine marzo, ha riunito alcune tra le donne più attive a livello politico e sociale sulle due sponde del Mediterraneo e si è concentrata sul tema “donne e potere: dalle parole all’azione”.
Oltre a molte donne marocchine, tunisine e francesi, tra cui anche Segolène Royal, hanno partecipato le italiane Lorella Zanardo (Il Corpo delle Donne) e Serena Romano, presidente di Corrente rosa, un’associazione nata proprio con lo scopo di promuovere e valorizzare la partecipazione delle donne nell’attività politica e nei luoghi decisionali.
In particolare, durante la conferenza è stato evidenziato il caso del Marocco dove, nel giro di pochi anni, il numero delle donne rappresentate nelle istituzioni è aumentato in modo vertiginoso. Come illustrato da Serena Romano, un ruolo fondamentale per il raggiungimento di tale obiettivo è stato giocato dalle associazioni femminili marocchine, che hanno mobilitato l’opinione pubblica, promosso riforme legislative e che continuano a essere attive e vigili al fine di costruire sui risultati raggiunti ed evitare che la vittoria sia solo formale.
L’impegno della società civile marocchina è stato dunque la scintilla del cambiamento, alimentata poi dalla volontà politica di riconoscere concretamente alle donne un ruolo paritario nella società: nel 2004 è stato finalmente riformato il diritto di famiglia, che ha riconosciuto alle donne personalità giuridica e dunque il diritto all’elettorato attivo e passivo. Ma ciò non basta: grazie all’iniziativa del Re Mohammet VI sono state imposte le quote rosa in tutte le elezioni, a livello locale e nazionale.
La scelta delle quote rosa non è una sorta di protezione per le donne ma, al contrario, una esigenza per garantire la presenza femminile a livello politico. Non sono di oggi gli studi della WorldBank che dimostrano come finanziamenti dati alle donne garantiscano l’efficacia degli investimenti, assicurando che i fondi stanziati saranno utilizzati per sviluppare nuove attività, per l’educazione dei bambini e in generale per costruire un futuro migliore nelle aree interessate. Come affermato da un recente studio dell’Ocse, anche nei Paesi più industrializzati le donne sono un agente fondamentale di crescita e sviluppo economico: le piccole e medie imprese gestite dalle donne crescono più velocemente, creando lavoro e aiutando l’economia nazionale in un momento critico.
Come illustrato da Nouza Skalli, ministro dello Sviluppo sociale, della Famiglia e della solidarietà in Marocco, grazie a un quadro legislativo efficace il numero delle donne nelle istituzioni in Marocco è passato da 127 a 3428, cambiando radicalmente il modo di fare politica e incrementando azioni di economia agevolata per le donne e programmi di microcredito per lo sviluppo di attività commerciali.
Alla fine la parità è anche una questione di numeri. Oggi in Marocco le ministre “con portafoglio” sono cinque, in Italia solo due. Forse dovremmo iniziare a “contare” anche noi.
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