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Una recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della regione Puglia ha affrontato il delicato tema dell’obiezione di coscienza di ginecologi e ostetriche che prestano la propria opera presso i Consultori. Le inadempienze di alcuni medici obiettori di coscienza, riscontrate dall’amministrazione regionale – tra le quali, il rifiuto di prescrivere la “pillola del giorno dopo” e di rilasciare i documenti IVG – sono state definite dal Tar stesso un illecito “di rilevanza penale, disciplinare e/o deontologica“
La Giunta Regionale, con la delibera n° 735 del 15.3.2010, aveva difatti indetto una procedura selettiva della Regione per il “potenziamento della dotazione organica” di alcune ASL pugliesi, prevedendo che fossero assegnate delle risorse ai Consultori tali da integrare la dotazione organica di personale di «n. 1 medico ginecologo “non obiettore”, n. 2 ostetriche “non obiettrici” per ASL (4 Ostetriche per ASL BA)”; e di dotare di “n.1 medico ginecologo non obiettore e n.1 ostetrica non obiettrice i Consultori Interdistrettuali dedicati alla popolazione migrante – 7 nella Regione ».
La scelta dell’amministrazione era motivata in particolare dal fatto che mentre la Puglia registra il più alto tasso di IVG (interruzioni volontarie di gravidanza) a livello nazionale (270 interruzioni per ogni 1.000 nascituri), è anche la regione con il più alto numero di medici che si dichiarano obiettori (pari al 79,9%).
L’amministrazione, pertanto, ha ritenuto che la presenza quasi esclusiva di obiettori all’interno del Consultorio portasse ad una espletamento non corretto e dunque ad un servizio solo “parziale” alle donne, poiché alcuni medici si rifiutavano di rilasciare i documenti IVG nell’ambito della “presa in carico globale”, rifiutavano di inserire gli IUD (dispositivi intrauterini, o più comunemente “spirale”), nonché di prescrivere la contraccezione di emergenza, c.d. “pillola del giorno dopo”, causando, nelle parole della Regione “una inadempienza del servizio consultoriale rispetto alla prevenzione delle IVG pre e post concezionale”.
Il TAR, sebbene accolga il ricorso, presentato da alcuni medici obiettori, sostenuti da un gruppo di associazioni d’ispirazione religiosa, afferma a nostro avviso due importanti principi:
la presenza o meno di obiettori nei Consultori è (dovrebbe essere) irrilevante, in quanto nei consultori non si pratica materialmente l’interruzione di gravidanza, unica attività per la quale opera l’obiezione ai sensi dell’art. 9.3 della legge 194, ma si fornisce esclusivamente una assistenza psicologica (informazione e consulenza) alle gestanti. In altre parole, un medico può opporre l’obiezione di coscienza soltanto per le attività volte “materialmente” all’interruzione di gravidanza, mentre tutte le attività di informazione e assistenza non sono, appunto, coperte dall’obiezione;
posto quanto sopra, il rifiuto di un medico di somministrare la pillola del giorno dopo, o metodi contraccettivi, come affermato dal TAR, costituisce palesemente un illecito “di rilevanza penale, disciplinare e/o deontologica da parte dei medici obiettori presenti all’interno del Consultorio“.
Se da un lato il TAR ritiene, correttamente, che l’obiezione di coscienza non rileva nel caso dei consultori, poiché le attività di assistenza pre e post concepimento svolta in tal sede non è coperta dalla “obiezione di coscienza” e deve (rectius dovrebbe) quindi essere svolta da tutti i medici, dall’altro la Corte sembra comunque tenere in considerazione l’impatto – anche solo psicologico – di trovarsi di fronte quasi esclusivamente a medici obiettori.
In tal senso, il TAR, pur affermando l’irragionevolezza, e dunque l’illegittimità, della previsione di dotare i Consultori regionali esclusivamente di personale che non avesse prestato obiezione di coscienza – escludendo così in radice la possibilità per gli obiettori di prestare la propria attività presso i consultori -, ha ritenuto invece che la Regione, nei prossimi bandi finalizzati alla pubblicazione dei turni vacanti per i singoli Consultori, possa prevedere una suddivisione pari al 50% tra medici specialisti che non abbiano prestato obiezione di coscienza e medici specialisti obiettori. In tal senso, ha affermato il Tar, si rispetterebbe il principio di eguaglianza all’articolo 3 della Costituzione.
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