La sentenza della corte costituzionale sulla 194

    Il 20 giugno la Corte Costituzionale ha ribadito nuovamente con una sentenza (la quarta in tal senso) la costituzionalità della legge n. 194. Infatti, la Consulta respinge il ricorso contro la legge 194, dichiarando “manifestamente inammissibile” la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza sollevata dal Giudice tutelare del Tribunale di Spoleto.

    Nella fattispecie, il giudice aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale, basandosi su una recente sentenza della Corte di giustizia europea, bloccando la richiesta di una 16enne che, rimasta incinta, aveva deciso di abortire senza dire nulla ai genitori. La giovane si era quindi rivolta prima al consultorio della Asl, e poi al giudice tutelare, che le aveva negato l’aborto rivolgendosi all’Alta Corte.

    L’art. 4, sul quale il giudice spoletino aveva sollevato la questione, è quello che disciplina che, “per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia”.

    La Corte Costituzionale già in passato si era espressa in merito:  nella sentenza n. 27 del 1975, infatti, aveva enunciato che i diritti del concepito non ricevevano tutela assoluta, poiché sono “oggetto di valutazione comparativa con altri valori di rilevanza costituzionale (diritti della donna), rispetto ai quali, in determinate condizioni, sono destinati a soccombere”. Lo scopo di questo nuovo ricorso è di minare il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza per questioni morali ed etiche.

    Marilena Fontana, 4 luglio 2012

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