La virilità è diventata un problema?- di Nicoletta Bevilacqua

    In un recente articolo pubblicato da Le Monde a firma di Anne Dujin, si approfondisce, attraverso una ampia rassegna di contributi di studiosi e opinionisti, in che modo la creazione del movimento #metoo nell’ottobre 2017 abbia influito sugli uomini, e messo in discussione alcune certezze ancestrali sulla virilità.

    Che sia in atto un acceso dibattito su questo tema lo testimonia la prestigiosa New York Review of Books che denomina il suo numero di ottobre 2018 con il titolo “La caduta degli uomini”. Attraverso tale riferimento, che designa l’uscita dall’Eden, la rivista analizza il fenomeno #metoo un anno dopo l’inizio del movimento, e sottolinea come per molti uomini abbia rappresentato un grande sconvolgimento.

    Ma più che un dibattito, segnala Le Monde, è una tempesta che ha scatenato questo  titolo. Tra i contributi pubblicati nella rivista, infatti, c’era un articolo dell’ex conduttore radiofonico canadese Jian Ghomeshi, accusato nel 2014 e 2015 di violenza sessuale, che ha raccontato la sua esperienza nella tempesta #metoo. Per non aver inserito in questo testo un avvertimento sulla gravità dei fatti che erano stati rimproverati al suo autore e per non aver pubblicato contributi di diversa opinione, il redattore capo della rivista Ian Buruma ha dovuto dimettersi.

    Questo episodio, secondo Anne Dujin,  è indicativo della difficoltà di portare avanti un dibattito su ciò che potrebbe essere definito il “lato maschile” di #metoo. Quando, in Francia, il saggista Raphael Glucksmann ha lanciato l’hashtag #wetoo (“Anche noi”) intendeva dire, ricorda Le Monde, che gli uomini non dovrebbero tacere su un argomento che li riguarda da vicino. Anche loro, secondo questo studioso, vorrebbero l’uguaglianza.

     Ma la questione non è poi così semplice e nella “crisi” del maschile #metoo sarebbe sia un sintomo che un fattore aggravante, soprattutto nel mondo occidentale. Sono molti gli uomini, come ha sottolineato Jan Ghomeshi, che in privato gli hanno espresso la loro simpatia, dicendo: “Potrei essere stato io”, non comprendendo come sia avvenuto, così improvvisamente, uno spostamento dei confini tra cosa sia accettabile o meno nei rapporti tra uomini e donne.

     Del resto, la tesi basata sugli uomini vittima di uno sfogo della vendetta femminile, come ricorda la giornalista di le Monde, ha trovato qualche risonanza nella maggior parte dei paesi dove il fenomeno  #metoo è presente.

    Ma se è stata riattivata dal movimento, questa idea viene da più lontano. Le Monde segnala infatti come nel 2006, Harvey C. Mansfield, professore di diritto di Harvard, fece scalpore pubblicando  Virility (Editions du Cerf), un saggio che sostiene che la virilità era e rimane al centro della civiltà occidentale e dei suoi successi.

    Sul versante opposto, si cita lo storico Jean-Jacques Courtine, che ha coordinato il terzo volume della Storia della Virilità (Seuil, 2015), aprendo la sua introduzione con queste righe dello storico americano Arthur Schlesinger: “Cosa potrebbe essere successo al maschio americano? Per molto tempo è sembrato assolutamente fiducioso nella sua virilità, certo del suo ruolo di uomo nella società, a suo agio, e sicuro di sé nella percezione della sua identità sessuale. Oggi, gli uomini sono sempre più consapevoli della virilità non come un dato di fatto, ma come un problema”.

    Queste parole, ricorda Le Monde, non sono state scritte di recente, ma alla fine degli anni ’60, che erano, come afferma Jean-Jacques Courtine, il “teatro di tanti sconvolgimenti nella definizione delle identità sessuali”. Le trasformazioni politiche, sociali e culturali emerse in tutto il mondo nel corso del ventesimo secolo, hanno infatti determinato una profonda ridefinizione delle identità.

    Lo studioso ritiene che la “parte maschile della civiltà” sia cambiata, a volte dolorosamente, e ingabbiata in  un modello arcaico ancora dominante, associato a elementi come forza, autorità e controllo da un lato, e aspirazione sociale a una maggiore uguaglianza tra uomini e donne d’altro. Quindi, per lo storico, “la percezione della virilità rimane divisa: un sentimento diffuso di crisi, vulnerabilità e incertezza dell’identità maschile convive con la moltiplicazione aggressiva di immagini, display e visualizzazioni virili. “

    Come sottolinea l’autrice dell’articolo di Le Monde, Jean-Jacques Courtine ha puntualizzato la sua analisi su questi sconvolgimenti: “Tutto ciò ha contribuito a influenzare l’identità maschile, molto più di quanto non abbia reso l’uomo maschio una specie in via di estinzione. In effetti, ci vorrebbe un po’ di forza per difendere l’idea che il destino delle donne sia ora migliore di uomini. Molte statistiche, siano esse relative alla violenza sessuale, alla disuguaglianza salariale o all’accesso a posizioni di responsabilità, sono lì per negarlo. Tuttavia, dobbiamo prendere sul serio l’ipotesi che un malessere abbia pervaso l’identità maschile, e che questo disagio ha effetti sociali e politici che meritano di essere considerati con attenzione”.

    Secondo Le Monde, questo è ciò che sostiene anche la sociologa americana Arlie Hochschild, professoressa emerita all’Università di Berkeley, in California, che, nelle pagine del famoso numero di ottobre della New York Review of Books, aveva approfondito  questo tema. Durante un sondaggio sul campo condotto in Louisiana sugli elettori di Donald Trump per capire il loro punto di vista, ha potuto verificare molte manifestazioni concrete di una certa crisi del maschile: “Tra gli elettori di destra che ho intervistato, il sentimento generale è che esista una grande difficoltà a essere un uomo. Per molti, poi, gli eventi e le rivelazioni di #metoo sono state causate da donne “irragionevoli”, determinate a distruggere la reputazione degli uomini rispettabili. “

    Ma questa reazione è, secondo la sociologa, da collocare in un contesto molto più ampio di quello delle relazioni tra uomini e donne e della questione della violenza sessuale. A tale riguardo cita il caso dei” colletti blu “, la cui condizione lavorativa  è nettamente peggiorata. Molti hanno divorziato e perso la famiglia, e si sono  allontanati dalla vita lavorativa, dalla propria comunità e provano un sentimento profonda di perdita di cultura.

    Massicciamente esposti a fenomeni come l’abbandono scolastico, la perdita del lavoro, la dipendenza da droghe o la permeabilità all'”incitamento all’odio”, i giovani americani di estrazione operaia hanno tutti i motivi per sentirsi in crisi: per gli uomini laureati, l’idea di una crisi del maschile non ha senso. La loro situazione è migliorata, o almeno non è stata minacciata di recente. Ma per un uomo senza diploma accademico il futuro è molto più oscuro di quanto sarebbe stato vent’anni fa. “Questi fenomeni sono prima di tutto un riflesso delle disuguaglianze sociali ed economiche, piuttosto che delle relazioni di genere”, sostiene la studiosa.

    Tra le classi inferiori e medie, soggiunge, questi fenomeni colpiscono maggiormente gli uomini, mentre per le donne aumentano le possibilità di inserimento nel mondo del lavoro. In questo contesto, l’affermazione di una virilità brutale e violenta è a volte tutto ciò che rimane agli uomini, secondo la Hochschild, per i quali tutti i punti di riferimento tradizionali sono andati in frantumi. Questa situazione, a suo avviso, come fa notare Le Monde, ha prodotto effetti nella scelta del candidato Trump, anche se poco approfondita nel dibattito pubblico. La sociologa sostiene che patriottismo e famiglia sono già stati confiscati dalla destra più dura. La stessa cosa, a suo avviso, non deve accadere alla questione maschile.

    Ovviamente, fa presente Le Monde, bisognerebbe sottoporre la sua ipotesi a una verifica in Europa, dove i partiti di estrema destra stanno conquistando sempre più elettori.

    Difficile da oggettivare, spesso strumentalizzata dai conservatori, la crisi del maschile è un tema delicato da gestire, al punto che è persino complicato discuterne, come scrive Anne Dujin. Eppure, in Francia come negli Stati Uniti, storici e sociologi invitano oggi a prenderla sul serio, a non far diventare gli uomini vittime dell’emancipazione delle donne, ma a considerarla come un passaggio importante verso una maggiore uguaglianza tra uomini e donne.

    Conclusione del tutto condivisibile anche nel caso italiano, dove il movimento #metoo fa più fatica ad affermarsi e dove i crescenti consensi alla destra populista possono rappresentare un serio rischio al raggiungimento di tale obiettivo.

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