Presentazione romanzo ...
Esiste il momento giusto per innamorarsi? Esiste un'età ...
Ieri mattina stavo organizzando una riunione con un collega d’ufficio. Chiedo quale potrebbe essere l’orario migliore per lui, e mi risponde: “anche presto, la mattina, verso le 8.00”. Aggiungendo che questa settimana la moglie e i figli (tre) sono partiti per il mare, e quindi intendeva lavorare il più possibile (perché poi il venerdì pomeriggio li raggiunge e torna il lunedì mattina), con orari da mattina presto a sera tarda. Mi fa molto piacere per lui, ma io, mamma che lavora, il lusso di avere un marito che a giugno se ne va al mare con i bambini non ce l’ho.
E allo stesso modo, mio marito non ha certo la disponibilità oraria dei colleghi con moglie (e figli) in vacanza. Sembra una cosa banale, ma in effetti sta proprio qui il nodo di tutte le questioni di “conciliazione famiglia-lavoro” e la base delle discriminazioni dei datori di lavoro nei confronti delle donne. Certo, perché se entrambi lavorano, come succede a molte altre coppie, è normale che entrambi si prendano cura dei figli e abbiano di conseguenza una serie di impegni e di esigenze di “conciliazione”. Un collega, ieri, all’una è scappato a casa perché doveva portare la bimba dal pediatra.
La moglie lavora lontano e non ce l’avrebbe fatta. Un amico, imprenditore, finito l’asilo e con la baby sitter malata, è semplicemente stato a casa dal lavoro un paio di giorni, dato che la moglie era fuori città per lavoro. Ovviamente anche il contrario si applica. La situazione cambia completamente quando lavora solo lui. Non ci sono più esigenze di conciliazione, tanto ai figli ci pensa lei: asilo, corso di nuoto, vacanze, pediatra, festa degli amichetti…non ha importanza. Il padre esce prestissimo la mattina, tanto è la mamma che alza-veste-scarrozza i bimbi. Se la riunione finisce tardi, non importa, la mamma prepara la cena e mette a letto i pargoli.
A giugno non importa se gli asili chiudono (panico per tutti gli altri), tanto la mamma si prende la prole e la porta al mare per due mesi (sì, ecco, questo è il momento in cui le invidio un po’, lo ammetto). Certo, è più facile, dirà qualcuno, questa suddivisione antropologica e sociologica dei compiti, semplifica la vita a tutti! Non ne sono così sicura. Che senso ha fare figli, se poi li vedi soltanto nel fine settimana? E questi padri, poverini, che si perdono i momenti migliori della vita dei loro figli? E si sobbarcano l’intera responsabilità economica della famiglia? Dal punto di vista femminile, a parte la mia dichiarata invidia per i due mesi al mare, non mi sembra una buona soluzione.
Certo, gestire una famiglia è un lavoro impegnativo e che richiede skills non indifferenti, ma si rimane economicamente dipendenti dal marito, per qualsiasi cosa.
Mancano stimoli esterni e diversi dalla famiglia, e se qualcosa va storto, rischia di cadere tutto quello che abbiamo costruito in anni di amore e impegno. Senza contare le difficoltà economiche successive a una separazione in queste condizioni. E poi c’è l’impatto sul resto della società: la cultura che stenta a cambiare e che pensa che la conciliazione sia un “problema” solo delle donne. Ebbene, oggi le cose in realtà sono già cambiate, soprattutto tra le coppie più giovani, e la conciliazione – intesa come flessibilità e il bilanciamento tra famiglia e lavoro – è importante per donne e uomini, allo stesso modo, è una questione fondamentale per la nostra società, e come tale deve essere affrontata.
E infatti, nel nostro ufficio, gli orari del collega con la moglie in vacanza non sono comodi per nessun altro, tanto che le sue proposte di riunioni alle sette di sera sono gentilmente declinate da tutti – uomini e donne – che hanno i bambini a casa e non vedono l’ora di rientrare per goderseli un po’. “Quando la moglie è in vacanza” è un film degli anni ’50, ma la programmazione sta cambiando.
©2014 - Corrente Rosa - Associazione non lucrativa e senza legami politici
Nessun commento