L’iniziativa di “Pari o Dispare” del 26 gennaio “Questione femminile, questione Italia”, presso la Sala Zuccari del Senato, ha avuto davvero un gran successo, è ciò grazie al grande impegno di chi ha organizzato l’evento, e quindi grazie anche al contributo di Corrente Rosa. Fortunatamente era stata impegnata un’altra sala per ospitare le numerose donne intervenute. Dopo l’apertura dei lavori della Presidente di Pari o dispare, Cristina Molinari e la soddisfazione espressa da Emma Bonino per la grande partecipazione, la parola è stata data alla Ministra Elsa Fornero, che si è impegnata in una dotta disamina della condizione femminile in Italia, approfittando inoltre di spiegare con passione e convinzione quanto ritenga equa la riforma delle pensioni avviata, tenuto conto che nessuno ha mai voluto occuparsi prima di quella che dovrebbe essere sempre la visione di un saggio legislatore e cioè quella di salvaguardare le generazioni future. Peccato che questa visione corretta della realtà giunge in un momento drammatico e pesa su quanti hanno già sofferto e continueranno a soffrire, soprattutto le donne! Certo però di tale situazione odierna non possiamo imputare alcuna responsabilità al Governo Monti, bensì a quanti, cioé tutti i precedenti governi, non hanno saputo avviare delle vere riforme che avrebbero dovuto accompagnare lo sviluppo del nostro paese.
La teoria del “ciclo vitale” (introdotta dal premio Nobel Franco Modigliani), ha permesso alla Prof.ssa Fornero – che si è un po’ schernita sulla sua qualifica di “maestrina” o “professorina” che dir si voglia, forse memore del ricordo di più di qualche battuta a Lei rivolta con facilità dalla stampa o dai “colleghi” – di tracciare il grafico della condizione delle donne italiane sulla base di uno “modello economico” che segue il tracciato incrociato del reddito e dell’età delle donne, appunto attraverso l’andamento dei differenti cicli di vita, dall’infanzia all’età adulta e quindi all’età anziana delle donne. Tale modello fisiologico allo stato attuale si è rotto perché in effetti all’interno di tale modello la donna non c’è mai veramente stata di diritto, o meglio non era rappresentata semplicemente perché veniva presa in considerazione in quanto figlia, moglie, mamma, nonna, supporto assistenziale delle famiglie e mai come un soggetto pienamente autonomo che ha diritto al lavoro, alla giusta retribuzione ed al pieno diritto al sostegno attraverso i servizi alle persona e alla famiglia, con il conseguente “accumulo di ricchezza”, inteso infine come diritto ad una pensione adeguata per la sua vecchiaia. Dunque il modello si è rotto, e se ciò vale anche per gli uomini il punto è che per le donne la curva è pressoché piatta, malgrado la loro entrata nel mercato del lavoro risalga a qualche decennio fa e benché le donne risultino ormai le più preparate nel campo dell’istruzione. Dunque è vero che le donne non avendo avuto delle reali pari opportunità ricevevano e ricevono una sorta di “pensione compensativa”, come la reversibilità.
La mancanza dei servizi e delle politi che sociali mirate resta l’aspetto più grave, la riprova è che in Europa con l’aumento delle donne lavoratrici è aumentato anche il numero dei figli mentre in Italia tale numero è drasticamente diminuito. Pertanto non ci sarà crescita e sviluppo senza un welfare che include, tutela e assicura pari opportunità per le donne ma anche per i giovani.
Per un inquadramento delle problematiche affrontate nel dibattito rimandiamo al concept paper predisposto da Pari o Dispare e allo studio presentato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: “Donne in Iatalia. Una grande risorsa non ancora pienamente utilizzata”.
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